Sensori di movimento per accensione luci: perché installarli?

Se stai pensando a come ridurre il peso della bolletta elettrica e risparmiare energia, forse i sensori possono fare al caso tuo. Scegliere i migliori sensori di movimento sicuramente potrà sembrarti complesso visto l’assortimento che si trova in commercio.

Una maniera abbastanza semplice e pratica per risparmiare energia e diminuire le spese di esercizio dell’illuminazione casalinga è sicuramente progettare il proprio impianto di illuminazione montando sensori di movimento per l’accensione delle luci. Questi dispositivi hanno un notevole potenziale da sfruttare al meglio per quanti vogliono contenere i propri consumi energetici e hanno un occhio di riguardo per l’ecosostenibilità.

Come scegliere i migliori sensori di movimento

sensori di movimento rappresentano un fattore di sicurezza.  Avere luce quando serve è importante e riduce rischi ed incidenti domestici e sul lavoro. Se siete delle persone che amano gestirsi in autonomia il mondo è pieno di prodotti e di proposte. Questa non è certo una novità. Amazon e tanti sono i siti che vi invoglieranno a provare a fare da voi. Non vi biasimo.

Spero non sarete tra quelli che mi chiamano perché non riescono a ottimizzare i tempi di accensione o di spegnimento o che sbagliano posizionamento.

Detto ciò mi raccomando, i sensori di movimento si basano su tecnologie diverse, spesso combinate all’interno di un solo modello, pensate per rilevare il movimento nel raggio dell’area in cui è installato il sensore.

Tipologie di sensori di movimento per l’accensione delle luci.

  1. Detector di movimento e detector di presenza. Il primo apparato fa in modo che le luci si accendano quando viene rilevato il passaggio di una persona davanti al sensore.

Questo vuol dire, per esempio, che se si tratta di una stanza piuttosto affollata in cui entrano ed escono persone di continuo, il detector farà in modo che le luci non si spengano mai. Almeno, non finché l’ultima persona non sia uscita dalla stanza e sempre che sia trascorso il tempo di spegnimento preimpostato.

  1. Il sensore di presenza, d’altro canto, funziona in maniera abbastanza simile a quello di movimento, ma con la differenza di essere molto più accurato e sensibile. In questo caso l’apparato è infatti in grado di rilevare anche micro-movimenti.

Come funzionano i sensori

Tutti e due questi rilevatori di movimento in genere funzionano registrando le fonti di calore che ricadono nel loro raggio di rilevamento.

Il calore viene tradotto in un segnale elettrico che a sua volta consente l’accensione o lo spegnimento dell’illuminazione.

Motivi per installare sensori di movimento per l’accensione delle luci

  1. Un primo vantaggio che deriva dall’installazione di sensori di movimento, sia interni all’appartamento che esterni, è quello di migliorare la sicurezza. I topi d’appartamento puntano sulle case i cui proprietari sono assenti o addormentati. L’ultima cosa che i malintenzionati vogliono è essere visti dai vicini mentre armeggiano intorno a casa tua. Ecco dunque che installare dei sensori di movimento esterni può rivelarsi davvero una scelta felice per tenere lontani ospiti indesiderati. Immaginatevi la scena: i soliti ignoti stanno cercando di introdursi in casa vostra e all’improvviso vengono accecati da una luce che li espone alla vista di tutti quanti. Il loro istinto primario sarà darsela a gambe, nel qual caso il vostro sensore di movimento avrà assolto egregiamente al suo compito.
  2. Un altro vantaggio può consistere nel fatto di spaventare eventuali animali selvatici che si avvicinino troppo all’abitazione. Non sono rari i casi di cinghiali o di orsi che si avventurano in città in cerca di cibo. Anche in questo caso l’accensione improvvisa delle luci può servire a spaventarli e farli fuggire.
  3. Un terzo vantaggio è poter tornare a casa di notte, magari con le mani impegnate con le borse della spesa, senza doversi preoccupare di inciampare perché le luci esterne sono spente: parcheggiate la macchina nel vialetto e, voilà, le luci sono già accese.
  4. Un quarto vantaggio, ovvio, è il risparmio energetico. Le luci si accendono solo quando è necessario.
  5. Il quinto buon motivo per installare dei sensori di movimento per l’accensione delle luci è collegato al quarto: infatti meno consumo di energia significa una bolletta della luce più leggera.
  6. vantaggio a cui spesso non si pensa è la riduzione dell’inquinamento luminoso. Lamentiamo spesso che el stelle non si vedono più e ce ne accorgiamo quelle rare volte che ci troviamo in mezzo alla NAtura. Ecco quindi una occasione per ridurre l’inquinamento luminoso.Queste luci infatti si accenderanno solo quando necessario.

 

Dubbi e incertezze possono trovare soluzioni affidandosi sopratutto a soluzioni che garantiscono prodotto e ricambi nel tempo.

Tipologia di sensori di movimento

Diversi tipologie di sensori di movimento si trovano in commercio, appunto utilizzati per rilevare il movimento: tra i più comuni si trovano quelli a infrarosso passivo, a ultrasuoni, a microonde e a vibrazione.

  • I primi, spesso abbreviati con l’acronimo PIR, sono i sensori più utilizzati nei rilevatori di movimento ad uso domestico. Sono in grado di rilevare il calore corporeo e, una volta che i livelli di calore cambiano rapidamente, i sensori scattano attivando le luci o l’allarme.
  • Per quel che riguarda gli ultrasuoni, si tratta di rumori che vengono emessi a una frequenza molto elevata: quando tali frequenze vengono rimbalzate da un oggetto in movimento, il sensore viene fatto scattare e di conseguenza accende o spegne le luci.
  • sensori a microonde, molto usati per le necessità di vigilanza, emettono una gamma di impulsi che sfruttano il cosiddetto effetto Doppler. In questo modo le onde rimbalzano nell’area circostante e rilevano eventuali cambiamenti.
  • Infine, il metodo della vibrazione permette al prodotto di rilevare i movimenti tramite una speciale leva, sulla quale viene posta una piccola massa che, qualora si dovessero verificare dei movimenti non pianificati nelle vicinanze, permetterà di attivare il sensore.

A testimonianza dei molti passi in avanti compiuti per rendere questi oggetti sempre più precisi, sono nati i sensori di movimento a doppia tecnologia, che uniscono due diversi per riuscire a ridurre i falsi allarmi. Ecco dunque che, nel caso di questi particolari sensori, entrambi i tipi di rilevazione devono essere attivati per risultare nell’accensione delle luci o in qualsiasi azione.

Ad esempio, un sensore a vibrazione potrebbe essere attivato da rami che si muovono a causa del vento, ma con la doppia tecnologia, la luce non verrebbe attivata in quanto il sensore a infrarossi non rileverebbe il calore proveniente dai rami. Oltre a queste tipologie, di sicuro le più comuni, vanno citati i sensori di movimento a contatto, molto economici, e i sensori riflessi. Quest’ultimi, impiegati esclusivamente nella vigilanza, emettono un fascio di luce LED che, se attraversato, attiva il sensore.

Tempo di reazione

Molto importante per non ritrovarti a mugugnare al buio è verificare al meglio i tempi di reazione, di accensione. Cioè la sensibilità al movimento. Infatti uno degli aspetti che maggiormente differenzia i diversi tipi di sensori di movimento si ritrova nei tempi di reazione, ossia i secondi necessari al sensore per riuscire ad accendere la luce a partire dal momento in cui viene rilevato per la prima volta il movimento. Allo stesso modo, il tempo di reazione si misura anche nello spegnimento. Ques’ultimo è un importante fattore che contribuisce a realizzare tutti i 6 vantaggi che ti ho descritto sopra.

Più un sensore è sensibile, minore sarà il tempo di reazione: questo aspetto è molto importante in particolar modo negli ambienti di passaggio, come le scale o i corridoi, dove non vi è  certo il tempo di attendere e la luce si deve accendere prima possibile.

Distanza e angolo di rilevamento

I dispositivi in commercio variano anche in maniera molto sensibile per quanto riguarda la distanza e l’angolo di rilevamento dei movimenti.

Questi due elementi, in particolare la portata del rilevamento, sono parametri utili che guidano nell’individuare i modelli più adatti. Ad esempio, quelli che hanno un raggio inferiore possono essere applicati all’interno, mentre nelle zone dove è difficile seguire i diversi movimenti è importante scegliere un sensore a 180° o anche a 360°, che consentono di illuminare la zona al meglio.

Autonomia e batteria

Per facilità di installazione, l’alimentazione a batteria sembrerebbe la migliore opzione, soprattutto per l’esterno: utilizzando batterie ricaricabili non è necessario alcun cablaggio. Le batterie dureranno circa un anno se si considera una media di dieci attivazioni al giorno, ma il sensore è posizionato in una zona trafficata, le batterie non dureranno a lungo.

L’illuminazione con sensore di movimento cablato è la più comune e non dovrebbe spaventare: la maggior parte dei sistemi include istruzioni dettagliate e tutorial ai quali fare riferimento. Per coloro che vogliono contenere i consumi e scegliere un’opzione più sostenibile, può valere la pena investire su sensori di movimento a energia solare, facili da installare e utilizzare. Sono perfetti per garantire l’uso anche durante un’interruzione di corrente, a patto che vi sia abbastanza energia immagazzinata.

Tuttavia, ci sono alcuni aspetti negativi in questo tipo di sensore. Le lampade a energia solare richiedono circa 6-8 ore di luce al giorno per funzionare correttamente e sono poche le zone dove è disponibile una tale quantità di luce. Inoltre, se la posizione di montaggio non riceve la luce solare diretta, il sensore a energia solare potrebbe non essere la soluzione migliore.

 

 

L’interruttore salvavita è un elemento indispensabile in ogni abitazione. Andiamo a scoprire di cosa si tratta e perché è così importante.

 

Cos’è l’interruttore salvavita magnetotermico differenziale?

L’interruttore salvavita, il cui vero nome è interruttore magnetotermico differenziale, è un dispositivo di sicurezza presente in tutte le case e previsto dalla normativa comunitaria.

Questo interruttore ha la funzione di interrompere il flusso di energia elettrica in caso di contatti diretti o indiretti oppure in caso di dispersione di corrente. Per questo motivo è chiamato “salvavita”.

Il Decreto n.37 del 2008 si occupa di regolare i requisiti per la realizzazione e l’installazione degli impianti elettrici domestici.

Negli impianti elettrici potrebbero verificarsi dei problemi come cortocircuiti, dispersioni elettriche, sovraccarichi, o altre problematiche.

Il suo compito è quello di evitare che accadano spiacevoli situazioni, proteggendo persone e cose da eventuali danni. Quante tipologie hanno quindi questi interruttori? E che costi hanno?

 

Quali tipologie di interruttori salvavita esistono?

L’interruttore salvavita ha la capacità di rilevare la differenza fra la corrente in entrata e la corrente in uscita dai circuiti. Sul mercato esistono varie tipologie di salvavita, tra le quali:

  • Puro: un salvavita che offre solo la protezione differenziale. Questo dispositivo viene installato come interruttore generale, però sarà necessario posizionare sul contatore un altro tipo di protezione (di tipo magnetotermico).
  • Differenziale separato: è un apparecchio differente, che va a comandare una bobina di sgancio di un interruttore molto potente. Si tratta di una tipologia molto utilizzata in ambito industriale.
  • Accoppiato: offre sia protezione magnetotermica, quindi in caso di corto circuito e sovraccarico, sia differenziale.
  • Riarmante: è un differenziale puro. ma è anche in grado di richiudersi alcune volte in modo da ridare corrente nel caso in cui lo scatto sia avvenuto per problemi non legati al contatore.

 

 

Cosa dice la legge

L’interruttore è necessario per essere a  norma di legge, ed è necessario svolgere controlli periodici per verificare che tutto funzioni in modo corretto.
Un interruttore magnetotermico differenziale è inoltre utilizzato per proteggere le persone (e non solo), nei seguenti casi:

  • Contatto diretto: quando c’è un contatto diretto con un filo in tensione non isolato, chiamata anche “fase alimentata”.
  • Contatto indiretto: quando una persona viene a contatto con una parte metallica in tensione accidentalmente (ad esempio per guasto nell’isolamento).
  • Perdite di isolamento, di diverso genere.

Gli interruttori hanno un pulsante “T” di test, per verificare che la parte differenziale funzioni correttamente.

È importante effettuare il test regolarmente, per essere sicuri che l’interruttore funzioni senza problemi. Quando si preme il pulsante, questo fa intervenire il salvavita, in quanto simula la condizione di guasto.

Se ciò non dovesse accadere, allora c’è qualcosa che non va, pertanto risulta necessario un intervento di un tecnico elettricista.

Se il salvavita presenta qualche problematica di funzionamento, anche a causa di un guasto temporaneo del blocco magnetotermico, potrebbe non attivarsi, e così facendo non riuscirebbe a proteggere la nostra abitazione.

È consigliato effettuare questi controlli almeno una volta al mese premendo semplicemente il pulsante di test (solitamente marcato dalla lettera T). Se il salvavita funziona correttamente, l’energia elettrica si dovrebbe interrompere immediatamente.

 

Come funziona l’interruttore salvavita?

Un interruttore salvavita integra tutte e tre le protezioni, magnetica, termica e differenziale:

  • Interruttore magnetotermico: in questo caso il dispositivo integra una protezione magnetica per i cortocircuiti, oltre ad una protezione termica per i sovraccarichi.
  • Interruttore differenziale: è il dispositivo utilizzato per la protezione delle persone dalle dispersioni elettriche.

Come funziona l’interruttore magnetotermico

L’interruttore magnetotermico interrompe il flusso della corrente elettrica in caso di sovracorrente, causata da un sovraccarico, quindi in caso di consumo elevato di elettricità rispetto alla portata dell’impianto, o in caso di corto circuito.

All’interno del dispositivo ci sono due sezioni differenti che operano tramite due principi fisici diversi.

  • La parte magnetica:
    La parte magnetica controlla un eventuale cortocircuito rilevando l’elevato e istantaneo flusso di corrente che ne deriva. Questo impulso elevato di corrente induce un campo magnetico che fa scattare l’apertura dell’interruttore istantaneamente.
  • La parte termica:
    In caso di sovraccarico il limite è dato dalla capacità dell’impianto, data dai fili conduttori che devono smaltire il calore prodotto per effetto Joule. La parte termica funziona con una resistenza elettrica, per mezzo di una lamina bimetallica che tramite la dilatazione termica si piega fino allo scatto. Questi dispositivi intervengono con un certo ritardo, in modo tale da non considerare i normali sovraccarichi di breve durata o con valori vicini al limite per la corrente.

Come funziona l’interruttore differenziale

Questo interruttore viene attivato in caso di un guasto verso terra (dispersione) o folgorazione, garantendo quindi la protezione delle persone da contatti diretti e indiretti.
Il suo funzionamento è basato sulla differenza di correnti elettriche, sia che siano in ingresso, sia che siano in uscita dal sistema elettrico, qualora ci fosse un contatto con una massa in tensione accidentale.

Se l’interruttore è ad alta sensibilità, ossia riesce a rilevare una differenza di corrente piccola e ha un tempo di intervento breve (millisecondi), la protezione interviene anche in caso di contatto diretto, se una persona tocca un cavo scoperto.

 

Dove va messo il salvavita?

L’interruttore salvavita, o interruttore magnetotermico, va messo sempre dopo il contatore energia elettrica.

Un impianto elettrico ben strutturato è suddiviso in più linee che, partendo dal quadro generale, collegano i vari utilizzatori che usano energia elettrica nell’abitazione. In genere, queste linee sono divise nelle seguenti categorie: luci, prese, elettrodomestici, servizi esterni e centraline, computer e sistemi di videosorveglianza.
Grazie al quadro vi è la possibilità di sezionare una parte dell’impianto rispetto al complesso, specie in caso di guasti e riparazioni.

 

A cosa serve l’interruttore magnetotermico differenziale?

Il quadro elettrico principale è posizionato a valle del contatore dell’energia elettrica ed è qui che sono presenti gli interruttori salvavita, attraverso i quali si possono comandare le linee dell’impianto elettrico della casa.

Nel contatore della luce elettronico è presente un altro interruttore che viene spento quando si supera il limite di potenza.

Ovviamente vi è un limite di potenza disponibile, che non è possibile oltrepassare senza far saltare la corrente.

Superata l’energia utilizzata, è necessario staccare alcuni elementi legati alla corrente prima di poterlo riattivare.

Infine, interruttori e impianti elettrici devono rispettare i criteri di riferimento previste dalla Norma CEI 64-8, al fine di mantenere la sicurezza degli impianti elettrici civili.

Con questa normativa vi è anche l’obbligo della messa a terra per la sicurezza in caso di sovraccarico di tensione.

All’interno della norma è possibile visualizzare anche gli standard tecnici richiesti per la certificazione in caso di impianti elettrici residenziali.

Dovuto anche al maggior tempo passato a casa (dovuto al Coronavirus), si nota sempre più un incremento delle richieste di impianti per piscine, tra cui un miglioramento della sicurezza tramite illuminazione in piscina.

Soluzione ideale, specialmente col timore che in estate non si potrà circolare liberamente nelle spiagge come al solito.

 

Piscina a casa

L’avere un piccolo spazio “marittimo” a casa è il sogno di molte persone.

Progettare il proprio futuro o rilassarsi dopo giornate stressanti in una piscina è quanto di meglio si possa desiderare per se stessi.

Ovviamente, anche se potrà sembrare banale, l’argomento sicurezza non va trascurato, e l’illuminazione in piscina rappresenta uno degli elementi cardine della sua sicurezza.

Senza una corretta illuminazione, infatti, la piscina può diventare un posto molto pericoloso, dovuto ai numerosi ostacoli presenti, o scivoloni inattesi. Gli incidenti, purtroppo, son sempre dietro l’angolo.

 

Tramite le luci, inoltre, si può creare un’atmosfera intima e riservata, così come possono essere utilizzate per creare feste in compagnia, o semplici effetti tramite i riflessi delle luci in acqua.

Il tutto dipenderà ovviamente dal tipo di illuminazione che si vorrà installare, e l’eventuale posizione.

 

Andremo perciò ad analizzare le tipologie più usate, mostrando diverse alternative adatte a tutti i gusti.

 

 

ILLUMINAZIONE IN PISCINA: SUBACQUEA A FILO LAMPADA  LED

La bellezza dell’illuminazione a filo consiste nel fatto che le lampade non sporgono dai bordi della piscina.

Sempre più utilizzate nelle piscine attuali, le luci subacquee montabili a filo stanno superando velocemente le normali soluzioni di illuminazione, specie se si considerano le luci a led (comparate soprattutto ai modelli alogeni).

Ovviamente presentano degli svantaggi, e questi sono riferibili ai costi molto alti nell’installazione a muro in una piscina esistente, salvo che non sia stata già prevista una predisposizione al momento della costruzione.

 

ILLUMINAZIONE IN PISCINA: SUBACQUEA A FILO

LAMPADA ALOGENA

Anche in questo caso si parla di soluzioni subacquee a filo, quindi un vantaggio notevole dal punto di vista estetico e di sicurezza.

Tuttavia, le lampadine tradizionali o alogene utilizzano più corrente elettrica e hanno bisogno di maggior manutenzione rispetto a quelle a led.

Inoltre va considerato che in caso di danneggiamento delle lampadine, la sostituzione dovrà avvenire sott’acqua, con costi aggiuntivi.

 

Il vantaggio di queste lampadine è indiscutibilmente legato ai prezzi iniziali più bassi, ma attenzione ai costi futuri!

 

ILLUMINAZIONE A PARETE A LED

Le luci subacquee montate a parete presentano un importante vantaggio sulle difficoltà di installazione (praticamente inesistenti).

Lo svantaggio, che invece rappresenta il vantaggio nelle soluzioni a filo, è che purtroppo sporgono un po’ dalla parete, quindi possono rompersi più facilmente, specialmente in presenza di bambini che possono utilizzarle come “gradini”.

 

ILLUMINAZIONE A PARETE ALOGENA

In caso di budget basso è probabilmente la soluzione migliore.

L’estetica è ottima, l’illuminazione è buona, e il costo è molto basso, dovuto anche ad una facile installazione a muro.

Le lampadine sono inoltre più economiche, ma attenzione per la futura manutenzione: discorso già fatto in precedenza per le lampade alogene.

 

 

ILLUMINAZIONE PISCINA: GIARDINO

Questo tipo di illuminazione è differente rispetto ai precedenti, in quanto si tende a illuminare l’area attorno la piscina, e non la piscina stessa. Esempi sono appunto solarium o giardini illuminati.

 

Se posizionate strategicamente e con molta attenzione, possono garantire elevata sicurezza e possono dare “un’anima” al giardino.

Esistono diverse soluzioni in questo caso, dai fari alogeni ai lampioncini ad energia solare. Il limite è rappresentato dalla fantasia.

 

ILLUMINAZIONE A PAVIMENTO A LED

In un certo senso simile all’illuminazione del giardino, prende spunto dalla stessa idea: illuminare l’area circostante la piscina.

La resa estetica, come già detto, è ottima, anche se bisogna posizionare strategicamente i fari led.

 

A tal proposito, i led rappresentano la scelta ideale per acquisti lungimiranti, oltre al fatto che riescono ad illuminare aree più ampie.

Sarà necessario l’acquisto di elementi in negozi specializzati, ma basterà contattare un elettricista che risolverà il resto.

 

ILLUMINAZIONE A PAVIMENTO ALOGENA

Scelta più adatta per portafogli un po’ meno abbondanti, presenta comunque numerosi benefici, specialmente estetici e di sicurezza.

Nonostante le lampadine non durino altrettanto a lungo, i costi iniziali sono sensibilmente ridotti.

 

 

LAMPADE GALLEGGIANTI

Ideali in caso di feste, le luci galleggianti hanno effetti stupefacenti sulla resa estetica della piscina.

Alimentate a batteria o a energia solare, ne esistono di diversi tipi, forme, colori e dimensioni.

Si posizionano sulla superficie dell’acqua (nonostante esistono modelli che è possibile sommergere), rendendo la piscina un vero e proprio “tempio illuminato”.

 

Fra i difetti di queste soluzioni vi è purtroppo l’effetto attira-insetti, soprattutto quelle subacquee che le attireranno verso il basso, creando una vera e propria “trappola mortale”.

 

Per tale ragione è una mossa intelligente combinare questo sistema ad un’illuminazione lontana dall’acqua, in modo tale che molti insetti andranno nelle zone circostanti.

Il tutto, però, garantirà sicuramente un’atmosfera unica.

 

Ultimi accorgimenti riguardano la distanza delle luci dall’abitazione: se molto forti, possono dare fastidio all’interno dell’abitazione.

Inoltre, il numero delle luci va scelto con molta meticolosità: potrebbero essere poche ma intense, oppure molte ma “soffuse”. Tutto va in base alle preferenze personali.

Tipologie di cabine elettriche MT/BT:

prefabbricate e non prefabbricate

Le cabine possono essere divise in tre diverse tipologie:

  • cabina realizzata in opera o premontata con apparecchiature prefabbricate: impianto che prevede l’utilizzo di componenti dotati di involucro in grado di assicurare la protezione contro i contatti diretti, come ad esempio i quadri MT e BT. Per cabina realizzata in opera si intende il locale in calcestruzzo

o laterizio o altro materiale idoneo ad ospitare le apparecchiature elettriche, collaudato direttamente nel luogo di ubicazione. L’impianto viene eseguito collegando opportunamente tra di loro le apparecchiature per realizzare lo schema di progetto.

  • cabina a giorno: impianto in cui non è previsto l’utilizzo di componenti MT dotati di involucro in grado di assicurare la protezione contro i contatti diretti e che pertanto necessita di essere completato in opera con le misure di sicurezza atte a proteggere le persone contro tali rischi. Per le cabine a giorno si deve porre particolare attenzione al dimensionamento delle distanze di isolamento e di sicurezza. Poiché

tale soluzione non e più in uso, qualora la si voglia applicare, valgono le prescrizioni della Norma CEI EN 61936-1 (CEI 99-2).

  • cabina prefabbricata realizzata in fabbrica:

l’impianto viene realizzato impiegando il prodotto “Sottostazione prefabbricata ad alta/bassa tensione” secondo le Norme CEI EN 62271-202 e CEI EN 50532. La cabina prefabbricata viene considerata come

un apparecchio conforme alla Norma di prodotto e che ha superato le prove di tipo previste.

1.1 Progettazione

di una cabina non prefabbricata

Nel caso di cabine a giorno o cabine realizzate in opera con unico trasformatore massimo da 2000kVA o due trasformatori ciascuno da 1000kVA massimo, i progettisti che seguono la regola dell’arte fanno riferimento alla Guida CEI 99-4 e alla CEI EN 61936-1 (ex CEI 11-1).

La distinzione tra cabine a giorno e cabine realizzate in opera sta nel fatto che nelle prime i componenti di media tensione non hanno involucro proprio tale da assicurare la protezione contro i contatti diretti: essi vanno disposti considerando le distanze minime di isolamento fase-fase e fase terra e sono tenuti fuori dalla portata delle mani attraverso barriere con grado di protezione consigliato IP2X e altezza maggiore/uguale a 1800 mm. L’impianto per interno di tipo aperto viene eseguito sul posto nel rispetto delle suddette distanze che ne garantiscono la tenuta dielettrica ed elettrodinamica, in alcun modo verificabile sul posto   con prove di collaudo finale.

 

 

Nelle cabine realizzate in opera con locale in calcestruzzo, laterizio o altro materiale, i componenti MT del tipo prefabbricato e conformi alle specifiche norme di prodotto hanno un proprio involucro che assicura la protezione contro i contatti diretti.

 

1.1.1 Progettazione del locale cabina

Per progettare il locale cabina occorre acquisire informazioni quali le condizioni di servizio (temperatura, altitudine,) tipologia e caratteristiche dei carichi alimentati dalla cabina, caratteristiche della rete elettrica del Distributore. Il manufatto dal punto di vista edile deve essere realizzato in accordo alle normative vigenti in ambito di costruzioni (DM 14.01.2008) e di prevenzione incendi. Al fine di evitare la

propagazione di incendi molta attenzione va per esempio posta dai progettisti sui cunicoli e cavidotti che collegano la cabina alle costruzioni servite. In fase di scelta sull’ubicazione della cabina bisogna rispettare le giuste distanze rispetto a linee aeree, zone di stoccaggio di sostanze infiammabili e ad abitazioni e/o strutture esistenti che comportano permanenza di persone per più di 4 ore continuative. Nel caso di cabina separata dagli edifici serviti, il locale che non abbia requisiti di resistenza al fuoco deve rispettare inoltre le distanze minime tipiche per i trasformatori installati all’aperto.

Se ci sono invece pareti adiacenti con l’edificio servito, esse devono avere la classificazione REI minima imposta dalle norme vigenti in tema antincendio.

 

Altre tipologie di cabine possibili sono all’interno della volumetria dell’edificio servito o sulla copertura dello stesso, con tutte le conseguenze che ne scaturiscono dal punto di vista della compartimentazione antincendio e verifiche strutturali dei solai di copertura.

I locali cabina non devono essere sorgenti di campi magnetici a bassa frequenza, nel rispetto degli obiettivi di qualita definiti in μT (per quanto riguarda l’abbattimento dell’induzione magnetica fare riferimento alla parte della manutenzione); devono avere adeguata accessibilità da spazi pubblici, rispettare i requisiti strutturali imposti oltre che dal Decreto Ministeriale per le costruzioni anche dalla Norma CEI EN 61936-1 con riferimento alle pareti, pavimenti, solai, dimensionati tenendo conto

dei carichi meccanici, statici e dinamici; devono essere opportunamente ventilati per effetto naturale o quando necessario con areazione forzata e/o condizionata e non devono essere soggetti a infiltrazioni di acqua ed allagamenti. Il naturale ricambio d’aria deve fare riferimento alla potenza termica totale emessa dalle apparecchiature installate. Le aperture di ventilazione devono essere disposte su pareti

opposte al fine di creare un flusso d’aria in diagonale per effetto camino che richiami l’aria fresca dal basso e favorisca l’uscita del calore attraverso l’apertura opposta superiore.

La guida 99-4 fornisce anche formule ed esempi per verificare la congruita dell’areazione del

locale e della posizione delle aperture nei locali per batterie stazionarie in funzione dell’emissione di gas idrogeno dalle batterie. Le aperture di ventilazione sulle porte e finestre devono avere grado di protezione minimo IPXXB. Le porte esterne fanno parte dell’involucro per cui devono garantire il grado di protezione minimo richiesto e avere caratteristiche di robustezza meccaniche proprie dell’involucro stesso. Devono essere provviste di un dispositivo di chiusura a chiave oppure non deve essere possibile aprirle o rimuoverle se prima non sono state aperte le porte utilizzate per le manovre correnti. Esse devono richiedere l’uso di utensili per la loro apertura o rimozione. Le porte lungo i percorsi di esodo devono aprirsi nella direzione del deflusso; quelle di accesso alla cabina dall’esterno devono potersi aprire con un angolo di almeno 90° ed essere dotate di un dispositivo in grado di mantenerle in posizione aperta. Le vie di fuga all’interno del locale non devono superare 20m anche se l’esperienza

mostra che non devono superare i 10m e che in caso di lunghezze maggiori si consiglia di garantire doppia accessibilità/via di fuga su due lati opposti. Le porte di emergenza devono avere altezza minima 2m e larghezza netta di 75cm. Per il corridoio di manovra valgono le stesse caratteristiche delle cabine prefabbricate. I cavi possono essere installati in scantinato pedonabile alto minimo 1700mm sotto il

piano di appoggio dei quadri elettrici, oppure in pavimento flottante realizzato con piastrelle asportabili ed intercapedine ispezionabile con altezza minima 600mm, oppure in cunicoli prefabbricati o realizzati in opera per cui la cabina ha pavimento fisso, oppure in aria libera su passerelle a sospensione. I fori per i

passaggi cavi devono evitare attraverso idonea sigillatura l’ingresso di animali, acqua e la propagazione di eventuali incendi. Al di fuori della cabina possono essere previsti pozzetti in corrispondenza ai punti di ingresso in cabina. I cunicoli e i tubi protettivi devono essere di dimensioni e posizionati in modo da rispettare i raggi di curvatura dei cavi. È buona norma lasciare un 30% di area libera del tubo.

Occorre predisporre almeno una presa per l’alimentazione di servizio, un’illuminazione artificiale tale da permettere l’esercizio in modo più facile e sicuro, oltre che un minimo di   illuminazione di emergenza/sicurezza.

 

1.1.2 Protezione e sicurezza della cabina

La protezione dai contatti diretti viene garantita

attraverso distanziamenti, involucri e barriere

di adeguato grado di protezione IP2X e altezza

minima 1800 mm. La protezione dai contatti

indiretti viene garantita attraverso l’impianto di

terra esterno al quale sono collegate attraverso

il collettore di cabina tutti i conduttori di

protezione. Il collettore di terra interno alla

cabina puo essere realizzato o con barra forata

o con anello di rame che percorre il perimetro

interno della cabina. Il collettore e i conduttori

di protezione vanno dimensionati considerando

l’energia specifica passante determinata

dalla corrente di guasto a terra che potrebbe

interessare ciascun circuito di terra e il tempo

di estinzione del guasto determinato dal

dispositivo di protezione inserito nel circuito.

I dispersori di terra inseriti in terreno vegetale

privo di materiale di risulta si differenziano a

seconda della tipologia di cabina: nel caso

di cabina separata dall’edificio servito, viene

inserito un anello perimetrale con corda di

rame o tondo di acciaio al quale vengono

collegati anche i ferri di armatura; nel caso di

cabina compresa nella volumetria dell’edificio

o costruzione al piano superiore dell’edificio, il

dispersore fa parte del dispersore dell’edificio.

In cabina vanno installati i cartelli di divieto,

avvertimento e avviso oltre che lo schema

elettrico. Bisogna ben identificare tutte le fonti

di alimentazione, la presenza di eventuali

ritorni di tensione dal lato bassa tensione o

da fonte alternativa di alimentazione come

gruppo soccorritore, UPS, batterie, la presenza

di trasformatori in parallelo, eventuale

trascinamento MT/BT; e richiesto anche un

avvertimento per la scarica delle batterie di

rifasamento. I mezzi di estinzione incendio,

quali estintori portatili per esempio, vanno

collocati in luoghi facilmente accessibili; devono

essere mantenuti efficienti e controllati almeno ogni 6 mesi.

 

Scatti intempestivi e rimedio

Uno dei quesiti ricorrenti dai clienti è: l’interruttore differenziale della mia abitazione interviene spesso in modo casuale; oppure” interviene quasi sempre più o meno all’ora X“.
La prima cosa da verificare è l’esistenza di un guasto all’isolamento di un’apparecchiatura o di una linea, obbligatoriamente quando l’interruttore interviene dopo ogni riarmo. Occorre con pazienza provare ad inserire un apparecchio per volta per individuarlo.
Spesso però l’intervento non è dovuto ad un guasto che comporti pericoli, ma a correnti impulsive verso terra dovute ad eventi occasionali che non si ripetono immediatamente dopo il riarmo.

Allo scopo è bene ricordare che il numero delle apparecchiature protette da uno stesso interruttore deve essere opportunamente limitato.

Interruttori resistenti agli scatti intempestivi

La soluzione ai problemi degli scatti intempestivi sta nell’adozione degli interruttori differenziali altamente resistenti alle cause che li producono. Non è purtroppo sufficiente la semplice adozione di differenziali di tipo A, come spesso si crede e si fa, (la classificazione dei differenziali è in tipo AC, A, B come noto). Tali interruttori ad alta immunità non rientrano in un tipo univoco, ma ogni casa costruttrice vi attribuisce un suo nome.
Eccone alcuni ad esempio

Come detto sopra, per illustrarne le caratteristiche si è fatto riferimento ad articoli tecnici ABB e Schneider Electric, quindi agli APR.

Svolgono tre funzioni fondamentali

Tenuta all’impulso  Non intervengono per correnti impulsive della forma normalizzata  per valori di corrente fino a , che sono tipiche delle sovratensioni per fulminazione indiretta ad accoppiamento induttivo, ma che rappresentano in generale gli impulsi intensi di durata limitata.

Filtro temporale  Il grafico seguente mostra come gli interruttori APR non intervengano per correnti differenziali di durata inferiore ai  tipico di correnti dovute a sovratensioni per di inserzione carichi, come indicato in precedenza. Nello stesso grafico è evidenziata la curva limite di sicurezza, cioè il limite massimo del tempo di intervento per i differenziali ritardati ammesso dalle norme.

Gli interruttori mantengono un margine di sicurezza rispetto alla curva limite. Per questi motivi é buona cosa fare accertamenti.

Contattami con fiducia per una verifica.

Conclusioni

Se si vogliono prevenire gli scatti intempestivi la soluzione sta nell’adottare dunque interruttori differenziali altamente resistenti alle sovratensioni impulsive.
I problemi ci sono in particolare quando si alimentano carichi elettronici con inverter, filtri anti disturbo, dimmer ecc.; o se si abita nelle vicinanze di fabbriche, cantieri, stazioni elettriche; oppure quando si adottano SPD per la protezione contro le scariche atmosferiche; o, in genere, quando la continuità del servizio è essenziale (ospedali, impianti di allarme, frigoriferi, congelatori, impianti non presidiati, apparecchiature informatiche….

 

Giuseppe Salvatore

Il tuo Elettricista Illuminato

Niente più elettrosmog: numerosi studi epidemiologici hanno mostrato un aumento del fattore di rischio di alcune patologie nelle persone la cui occupazione e le cui abitudini di vita comportavano una continua esposizione alle radiazioni ionizzanti.

 

Niente più elettrosmog: modifiche essenziali

Grazie alla crescita e diffusione delle abitazioni bio-compatibili, vi è una maggiore richiesta nell’effettuare delle modifiche affinché risultano tali.

Vi sono dei criteri di sicurezza da applicare (secondo la legge 46/90), che permettono di limitare l’esposizione umana al cosiddetto elettrosmog.

Queste modifiche prevedono innanzitutto la realizzazione di impianti elettrici lontani dalle zone di maggiore soggiorno, ad esempio la camera da letto, oltre alla necessità di ridurre il più possibile la presenza di arredi metallici.

 

Dopodiché è importante sezionare l’impianto elettrico in zone differenti, per bilanciare gli assorbimenti con il sezionamento delle reti e conseguente minimizzazione del campo magnetico.

 

L’ultima fase prevede  l’analisi dei percorsi da occupare con l’elettrificazione, oltre alla collocazione in luoghi secondari del quadro di distribuzione, opportunamente schermato.

Anche i flessibili dell’elettrificazione vanno sistemati a distanza da letti e zone di lunga sosta come tavoli e divani.

 

Tutto ciò permetterà di costruire una “base solida” per una casa bio-compatibile.

 

 

Elettrosmog: campi elettromagnetici

Nonostante si pensi che le abitazioni siano sicure, viviamo con la presenza costante di campi elettro-magnetici che non sappiamo nemmeno esistano.

 

Esempi dei principali campi elettromagnetici casalinghi sono sicuramente:

  • Elettrodomestici
  • Metodi per l’illuminazione degli ambienti
  • Elettrificazione strutturale
  • Abitazioni adiacenti
  • Cabine di trasformazione
  • Condutture dell’alta e media tensione, ponti di trasmissione RF

 

L’esempio più comune è quello degli elettrodomestici, a cui prestiamo poca attenzione.

Gli elettrodomestici, infatti, emettono campi elettromagnetici non appena messi in funzione, senza considerare che molti rimangono in funzione h24.

 

Ovviamente vi sono delle variabili da considerare, come la durata dell’esposizione, l’intensità del campo elettromagnetico generato, e la distanza dal corpo umano.

 

L’utilizzo di lampade a led permette una notevole riduzione dei campi elettromagnetici generati, in quanto meno intensi.

 

Il bioelettroimpianto

Il bioelettroimpianto è un impianto elettrico semplice che si adatta molto bene ai criteri delle case bio-ecologiche.

Si tratta di un elemento molto semplificato, pratico nella manutenzione e che permette di semplificare
e minimizzare le interferenze elettriche e magnetiche causate da un’impiantistica non sensibile alla bioelettrocompatibilità.

 

Il bioelettroimpianto permette:

  • Controllo del campo elettrico e magnetico
  • Altezze, posizioni e percorsi specifici
  • Tecnica dell’elettrificazione con tre circuiti di controllo
  • Disgiunzione tripolare centralizzata e/o bipolare locale
  • Tecnica di schermatura del campo elettrico e magnetico con semplici sistemi di controllo

L’ impianto verrà suddiviso in zone sezionabili dai disgiuntori automatici come
segue: zona notte, zona giorno, zona di servizio.

Vi sono numerosi elementi da considerare nell’bioelettroimpianto, come ad esempio le sezioni minime ammesse, oppure il rispetto delle normative comunitarie europee. Ovviamente penserà a tutto il tecnico incaricato.

Il bioelettroimpianto, in ogni caso, vi permetterà di vivere in abitazioni che non presentino potenziali pericoli di esposizione all’elettrosmog, misurabile tramite misuratore di campo E.M., per valutare i livelli di rischio a cui si è esposti quotidianamente.

 

 

Regole di base da seguire

In sintesi le regole di base da seguire sono quattro:

  • distanza di sicurezza dalle fonti di elettrosmog
  • limitazione del tempo di esposizione
  • schermatura dell’impianto con disgiunzione bipolare e tripolare della rete
  • semplificazione dell’assetto dell’impianto elettrico, necessaria per ridurre interferenze

 

Altri spunti interessanti potrebbero essere la riduzione di strumenti elettrici in casa, specie se non utilizzati; oppure la sostituzione dell’impiantistica obsoleta con quella di nuova generazione, sicura, sana e biocompatibile.

 

L’utilizzo di impianti automatici per le tapparelle sta avendo un notevole successo ultimamente.

Esistono diverse applicazioni domestiche per il comando generale di queste automazioni, ma nonostante ciò, ultimamente è salito alla ribalta grazie al fatto che possa contribuire a ridurre il mal di schiena.

 

PREDISPOSIZIONE IMPIANTI AUTOMATICI

Per automatizzare una tapparella è necessario posizionare il comando subito sotto la suddetta, oppure si può predisporre il comando all’ingresso della stanza o in altre posizioni più comode per noi.

Bisognerà quindi avere una scatola 503 dedicata, che è meglio separare dagli altri comandi per evitare manovre errate, nonostante potrebbe starci tranquillamente.

Va quindi posizionata una scatola 503 a un metro di altezza, dopodiché bisogna utilizzare un tubo diametro 20 mm che collega la tapparella alla derivazione elettrica, ed una tubazione sempre diametro 20 mm che la collega al motore.

Per far ciò bisogna portare l’alimentazione per il motore nel vano tapparella. Quest’ultima può andare sia a sinistra, sia a destra.

Nel caso in cui nella stanza vi siano più automazioni, è importante considerate il fatto che in una 503 si possono comandare al massimo tre automazioni.

 

PASSAGGIO CAVI IMPIANTI AUTOMATICI

Per le tapparelle sarebbe opportuno considerare la posa di una linea dedicata per il passaggio cavi.

Per far ciò, si può infilare nelle dorsali elettriche una linea con un paio di cavi (uno blu e un altro colore che non sia giallo verde) da 2,5 mmq, comandati da un magneto termico differenziale da 10 Ampere.

Tramite le scatole di derivazione, poi, si può andare alla 503 di comando con una linea da 1,5 mmq (blu, giallo verde e un altro colore).

Tramite quest’ultima scatola bisogna andare ad ogni tapparella con 4 cavi da 1,5 mmq (blu, giallo verde e altri due colori).

 

MONTAGGIO MOTORE

Il riduttore, o motore della tapparella, va posizionato dentro al rullo della stessa.

In caso abbiate un rullo in legno, andrà sostituito con uno in acciaio ottagonale.

 

Qualora fosse metallico, invece, bisogna proseguire in questo modo:

Togliere la coppiglia del cuscinetto che serve a sostenere l’albero nel lato della puleggia. Se non si può raggiungere, togliete la coppiglia dal lato opposto e sfilate l’albero.

A questo punto, togliete la puleggia e fate uscire l’albero.

Una volta rimosso tutto, lasciando solo il cuscinetto dalla parte opposta alla puleggia (oppure sostituendolo con uno nuovo), basterà montare l’accessorio nel lato “ex puleggia”:

 

 

Fatto ciò bisogna misurare la distanza tra la staffa (esempio qui sopra in foto) e il cuscinetto nel lato opposto.

A questo punto è necessario infilare il motore nel rullo attenzionando il verso della puleggia del motore e della ruota ottagonale di finecorsa, e misurando lo spazio dalla calotta dell’albero alla fine del motore, perni esclusi.

Adesso bisogna confrontare le due misure e tagliare l’albero di conseguenza (solitamente di circa 1 cm).

Dopodiché rismontate la staffa ad “l” e montatela sul motore .

Il tutto facendo attenzione a lasciare i fori per la regolazione dei finecorsa verso di voi.

Riposizionate l’albero e avvitate i dadi della staffa affinché l’albero resti in piano.

A questo punto si può riattaccare la cinghia della tapparella con le alette reggi cinghia appositamente presenti.

 

REGOLAZIONE FINECORSA

Una volta allacciato il motore, si può procedere alla regolazione dei finecorsa come da manuale del motore, tramite un’apposita chiave a brugola in plastica flessibile.

RETI LAN

Supponiamo di avere all’interno di un azienda o di un ufficio cinque computer, per trasferire documenti foto o qualsiasi altro contenuto da un computer all’altro dovremmo salvarli su di una chiave usb o su un DVD e trasferirli manualmente da un PC all’altro.

Inoltre se da ogni postazione avessimo la necessità di stampare dei documenti , ogni PC avrebbe bisogno di una stampante.

Per sopperire a questo abbiamo bisogno di una rete dati, ossia un collegamento fisico o wifi tra i vari computer , tramite apposita scheda di rete (ormai quasi sempre integrata su tutte le periferiche).

Grazie alla rete possiamo condividere tra i vari pc un unica stampante, avendo così, tra le altre cose, la possibilità di acquistarne una più performante anziché cinque più scadenti.

Come dice la parola stessa per rete si intende una serie di fili collegati ad un nodo dove ripartono altri fili.

Nel nostro nodo abbiamo una prima apparecchiatura che ci permette di strutturare la nostra piccola rete di cinque computer. Questa apparecchiatura è lo switch.

SWITCH

Lo switch smista i vari dati provenienti da un PC al PC destinatario, riconoscendo le apparecchiature ad esso collegate tramite un indirizzo univoco, l’indirizzo “IP”.

INDIRIZZO IP

L indirizzo ip è composto da quattro blocchi di numeri separati da punti. I primi tre blocchi identificano la rete e l’ultimo blocco identifica i pc presenti in rete.

Avremo ad esempio una rete con un indirizzo base 192.168.001.001 ed un computer connesso a tale rete con un indirizzo 192.168.001.002. o superiore considerando che il massimo indirizzo definito dalla subnet mask per i primi tre blocchi è il 255.255.255.000.

SERVER

In impianti più professionali troviamo a capo della nostra rete LAN un server che è un PC con caratteristiche più evolute sia in termini di prestazioni e sia in termini di sicurezza.

In ogni rete riescono a comunicare apparecchiature che hanno la stessa classe di indirizzo. Per far comunicare tra loro due o più switch con classe di indirizzi ip diversi abbiamo bisogno di un router.

ROUTER

Il router viene usato anche per connetterci alla rete internet. Un router può essere anche modem nei casi in cui, ad esempio negli impianti Telecom, ci connettiamo ad internet tramite rete analogica telefonica.

Il router nelle configurazioni di indirizzi IP viene indicato col nome di Gateway e tutti i PC o sistemi ad esso connessi devono avere un indirizzo IP compatibile.

Esistono anche router dove poter inserire una scheda sim e utilizzare i dati di quest’ultima per connettersi ad internet.

CABLAGGIO STRUTTURATO

Come è composta fisicamente una rete LAN?

La rete LAN solitamente è composta da una serie di cavi con al loro interno quattro doppini incrociati. Questi cavi LAN possono anche essere schermati e la loro qualità è data dalla categoria.

La categoria ci indica la velocità massima supportata dal cavo. Attualmente la categoria massima è la 7E.

Per poter funzionare tutti i componenti, dagli apparati alle singole prese , devono supportare la categoria scelta.

Meno usato a causa dei costi maggiori e delle difficoltà impiantistiche è l’utilizzo della fibra ottica.

RETI MAN

Sono le reti metropolitane, wireless o cablate in fibra ottica , hanno il compito di connettere tra loro i vari edifici.

RETI WAN

Le reti wan sono le reti geografiche che connettono tra di loro le varie città.

INTERNET

L’ insieme di tutte queste reti ha dato origine ad internet. In internet ogni singolo utente viene individuato da un indirizzo “ip” univoco.

Questi indirizzi ip possono essere statici, richiedendolo solitamente tramite pagamento al proprio gestore , o dinamici. In quest’ ultimo caso ogni qual volta il nostro router o il nostro modem si connette ad internet, l’indirizzo ip cambia.

Per l’indirizzo ip internet non valgono le limitazioni indicate sopra ma possiamo averne uno dove ad esempio la nostra stringa di numeri inizia con 800.

WIFI O WIRELESS

Queste due terminologie vengono spesso confuse tra di loro. Iniziamo col precisare che un dispositivo wifi è un dispositivo wireless. Ma ad esempio può essere wireless un dispositivo bluetooth.

Con wireless si intende infatti tutto l’insieme di tecniche di trasmissione senza fili.

Il wi-fi utilizza le onde radio per trasmettere i dati dal router al vostro PC. Le onde trasmesse si misurano in giga hertz.

Le frequenze utilizzate sono di 2,4 e 5 giga hertz al secondo. La prima è più lenta ma funziona meglio su lunghe distanze, viceversa la seconda.

Succedeva frequentemente che il segnale wifi della nostra abitazione veniva disturbato da vari dispositivi radio presenti nell’abitazione.

I dispositivi più recenti utilizzano più canali di trasmissione per ovviare a questi problemi.

Il wifi emette onde a voltaggio bassissimo e inferiori a molte altre onde utilizzate per altri tipi di comunicazioni.

Ad oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha rilevato nessuna interferenza con il nostro corpo.

 

In determinate circostanze, come nel locale medico, è necessario avere impianti elettrici speciali.

Cosa è un locale medico?

locale medico

locale medico

locale medico

locale medico

La sezione 710 della Norma CEI 64-8, tratta la sicurezza degli impianti elettrici nei locali medici (in precedenza chiamati locali ad uso medico). Secondo la Norma CEI 64-8 è un “locale destinato a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici. Rientrano in questa categoria anche i locali di sorveglianza o di riabilitazione dei pazienti (inclusi i trattamenti estetici)”. In questo caso vi ricadono i seguenti locali: sale chirurgiche, sale parto, sale ECG, sala per endoscopie, sale per anestesie, sale per risonanze magnetiche, sala per cure intensive, ecc.

 

SUDDIVISIONE DEI LOCALI MEDICI

A seconda dell’utilizzo del locale medico, la Norma CEI 64-8 suddivide questi locali in tre categorie:

  • GRUPPO 0: locale medico nel quale non vi è utilizzo di apparecchi elettromedicali con parti applicate (es. sala per massaggi, ambulatori, ecc.)

 

  • Locale di GRUPPO 1: locale nel quale le parti applicate al paziente sono usate esternamente o in maniera invasiva in qualsiasi parte del corpo ad eccezione della zona cardiaca (es. camera di degenza, sala parto sala per fisioterapia, ecc.)

 

  • Locale di GRUPPO 2: locale nel quale le parti applicate al paziente sono utilizzate per trattamenti importanti come interventi intracardiaci, operazioni chirurgiche o dove la mancanza di alimentazione può comportare pericolo per la sua sopravvivenza (es. sala per applicazioni di cateteri cardiaci, sala di risveglio postoperatorio, sala per chirurgia, ecc.)

 

DEFINIAMO L’AREA PAZIENTE ALL’INTERNO DEL LOCALE MEDICO

La zona paziente è quell’area che delimita il volume all’interno del quale il paziente può entrare a contatto (accidentale o intenzionale che sia), con masse o masse estranee pericolose.

locale medico

locale medico

Questa zona è delimitata da una superficie ampia fino a 1,5 metri attorno al paziente, e fino a 2,5 metri dal piano di calpestio in caso di postazioni fisse.

Senza una postazione paziente predeterminata, vanno considerate le numerose posizioni che il paziente stesso potrebbe assumere.

Ovviamente la classificazione del locale medico (e delle zone pazienti) vanno prestabilite direttamente dal personale medico o tramite organizzazioni sanitarie.

 

QUALI SONO I PRINCIPALI PERICOLI CHE POSSONO ACCADERE  ALL’INTERNO DEI LOCALI MEDICI?Nei locali medici è possibile andare incontro a due tipi di shock:

  • Macroshock, che può accadere quando una parte minima o nulla della corrente che attraversa il corpo interessa anche il cuore;

  • Microshock, che invece avviene quando tutta la corrente (oppure una buona parte) che attraversa il corpo umano interessa il cuore e/o le zone limitrofe. In questo caso si ha la sollecitazione dell’intera massa e stimolazione eccessiva delle fibre cardiache.

 

In questo caso si ha un’elevata probabilità di provocare una fibrillazione cardiaca, anche con correnti molto basse.

Molti osservatori pensano che la crisi economica dovuta alla pandemia mondiale di Coronavirus non avrà effetti negativi sulle auto elettriche.

 

Coronavirus e crisi economica non fermeranno le auto elettriche

Volkswagen Id.3 pronte per la consegna in un piazzale della fabbrica di Zwickau (credit Mario Cianflone)

L’auto elettrica, di fatto più cara delle auto tradizionali, viene considerata “spacciata” da alcuni grandi studiosi internazionali.

Tutto questo per un semplice motivo: con il Coronavirus a danneggiare i consumi e i colossi industriali, “piccole imprese” come le nuove case automobilistiche elettriche possono subire un tracollo non indifferente, specialmente perché erano in fase di “lancio.

Se a questo si aggiungono ingenti investimenti nelle infrastrutture di ricarica, si capisce il perché di questi pareri.

 

Sarà sufficiente, però, una crisi del genere per stoppare il futuro “green” del settore automobilistico?

 

 

I pareri dello schieramento opposto

Tutto ciò, però, non convince gli esperti dello schieramento opposto, secondo cui il futuro sarà inevitabilmente green.

 

Questo è dovuto ai notevoli investimenti fatti dalle case automobilistiche sul settore elettrico, fortemente sostenute dalle politiche ambientali internazionali, al fine di un marcato ridimensionamento delle emissioni di CO2 nel mondo.

 

A confermare questo trend positivo è la positività dei mercati: a fronte del -85% del mercato “tradizionale” delle auto in Italia, le auto elettriche hanno avuto invece segnali positivi.

A confermare ciò anche Germania, Francia e Regno Unito.

 

Tutto questo va a confermare le tesi rialziste su un futuro elettrico, grazie anche alla forte spinta della politica internazionale.

Se si aggiungono anche forti investimenti sulla ricarica rapida e sulla guida autonoma, si può intuire che si tratta anche di un futuro sempre più “elettrico”, con il lento declino delle normali auto a combustibile.

 

Inevitabilmente sarà necessario passare verso un futuro più elettrico, pena il futuro del pianeta.

Tuttavia, potrebbe essere necessaria una transizione graduale, con auto “ibride” che man mano diverranno sempre più elettriche.

Il futuro è senza alcun dubbio green, indipendentemente dalle opinioni negative.