Scatti intempestivi e rimedio

Uno dei quesiti ricorrenti dai clienti è: l’interruttore differenziale della mia abitazione interviene spesso in modo casuale; oppure” interviene quasi sempre più o meno all’ora X“.
La prima cosa da verificare è l’esistenza di un guasto all’isolamento di un’apparecchiatura o di una linea, obbligatoriamente quando l’interruttore interviene dopo ogni riarmo. Occorre con pazienza provare ad inserire un apparecchio per volta per individuarlo.
Spesso però l’intervento non è dovuto ad un guasto che comporti pericoli, ma a correnti impulsive verso terra dovute ad eventi occasionali che non si ripetono immediatamente dopo il riarmo.

Allo scopo è bene ricordare che il numero delle apparecchiature protette da uno stesso interruttore deve essere opportunamente limitato.

Interruttori resistenti agli scatti intempestivi

La soluzione ai problemi degli scatti intempestivi sta nell’adozione degli interruttori differenziali altamente resistenti alle cause che li producono. Non è purtroppo sufficiente la semplice adozione di differenziali di tipo A, come spesso si crede e si fa, (la classificazione dei differenziali è in tipo AC, A, B come noto). Tali interruttori ad alta immunità non rientrano in un tipo univoco, ma ogni casa costruttrice vi attribuisce un suo nome.
Eccone alcuni ad esempio

Come detto sopra, per illustrarne le caratteristiche si è fatto riferimento ad articoli tecnici ABB e Schneider Electric, quindi agli APR.

Svolgono tre funzioni fondamentali

Tenuta all’impulso  Non intervengono per correnti impulsive della forma normalizzata  per valori di corrente fino a , che sono tipiche delle sovratensioni per fulminazione indiretta ad accoppiamento induttivo, ma che rappresentano in generale gli impulsi intensi di durata limitata.

Filtro temporale  Il grafico seguente mostra come gli interruttori APR non intervengano per correnti differenziali di durata inferiore ai  tipico di correnti dovute a sovratensioni per di inserzione carichi, come indicato in precedenza. Nello stesso grafico è evidenziata la curva limite di sicurezza, cioè il limite massimo del tempo di intervento per i differenziali ritardati ammesso dalle norme.

Gli interruttori mantengono un margine di sicurezza rispetto alla curva limite. Per questi motivi é buona cosa fare accertamenti.

Contattami con fiducia per una verifica.

Conclusioni

Se si vogliono prevenire gli scatti intempestivi la soluzione sta nell’adottare dunque interruttori differenziali altamente resistenti alle sovratensioni impulsive.
I problemi ci sono in particolare quando si alimentano carichi elettronici con inverter, filtri anti disturbo, dimmer ecc.; o se si abita nelle vicinanze di fabbriche, cantieri, stazioni elettriche; oppure quando si adottano SPD per la protezione contro le scariche atmosferiche; o, in genere, quando la continuità del servizio è essenziale (ospedali, impianti di allarme, frigoriferi, congelatori, impianti non presidiati, apparecchiature informatiche….

 

Giuseppe Salvatore

Il tuo Elettricista Illuminato

 

 

Il rifasamento è una pratica ampiamente utilizzata ultimamente. Ma cos’è e a cosa serve il rifasamento esattamente?

 

Cosa intendiamo per rifasamento?

Con il termine “rifasamento” ci si riferisce alla pratica utilizzata per supplire allo sfasamento introdotto nella linea da un carico reattivo (l’esempio più comune è un motore industriale).

Il parametro più importante da considerare in questo caso è lo sfasamento tra la corrente elettrica e la tensione di alimentazione.

In questo caso, quindi, viene chiamato rifasamento qualsiasi provvedimento adoperato per aumentare o migliorare il fattore di potenza di un dato carico.

Questi provvedimenti hanno lo scopo di ridurre, a pari potenza assorbita, il valore della corrente che circola nell’impianto.

Giuseppe salvatore elettricista illuminato bologna

Lo scopo del rifasamento

La ragione per utilizzare il rifasamento dell’impianto è quindi la necessità di diminuire le perdite d’energia e di ridurre l’assorbimento di potenza reattiva in modo proporzionale ai macchinari e alle linee esistenti in un sito industriale.

 

 

A causa di clausole contrattuali imposte dall’ente distributore dell’energia elettrica, che obbligano l’utente a rifasare il proprio impianto (altrimenti sarà necessario pagare una penale), è divenuto importante, anzi essenziale, il rifasamento del proprio impianto.

Fortunatamente, grazie al corretto dimensionamento dell’impianto, il rifasamento è diventato l’intervento tecnologico a più basso tempo di recupero d’investimento. Infatti, è possibile auto-ripagarlo in pochi mesi.

Controlla la tua bolletta alla voce “ENERGIA REATTIVA”, se hai dei costi a questa voce stai buttando dei soldi dalla finestra. Contattami in ogni modo per una verifica sul posto e preventivi gratuiti.

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In caso di circuiti con lampade a filamento, forni dotati di resistenze elettriche o scaldacqua, la potenza apparente assorbita è tutta attiva.

Nei circuiti con utilizzatori che presentano al loro interno avvolgimenti come motori, alimentatori di lampade fluorescenti, saldatrici e trasformatori, una parte della potenza apparente assorbita viene invece utilizzata per l’eccitamento di circuiti magnetici, quindi non si utilizza come potenza attiva, ma piuttosto come potenza reattiva.

Quando rifasare?

  • È necessario (obbligatorio) rifasare quando il fattore di potenza medio mensile è inferiore a 0,7.
  • Se il fattore di potenza medio mensile è tra 0,7 e 0,95 non c’è l’obbligo a rifasare l’impianto, ma l’utente paga una penale per l’energia reattiva.
  • Se il fattore di potenza medio mensile è superiore a 0,95 e non maggiore di 1 non c’è l’obbligo di rifasare l’impianto. Di conseguenza non si paga nessuna quota d’energia reattiva.

 

Suggerimenti

Per ottimizzare il fattore di potenza si possono utilizzare una serie di accorgimenti, come ad esempio l’utilizzo di motori e trasformatori correttamente dimensionati. Inoltre è importante non lasciare motori e trasformatori in funzione senza carico.

 

Giuseppe

L’elettricista illuminato

Un gruppo statico di continuità (detto anche UPS, dall’Inglese Uninterruptible Power Supply) è un’apparecchiatura utilizzata per mantenere costantemente alimentati elettricamente in corrente alternata apparecchi elettrici. Si rivela necessario laddove le apparecchiature elettriche non possono in nessun caso rimanere senza corrente (ad esempio in luoghi pubblici come ospedali, centrali ecc..) evitando di creare un disservizio più o meno grave. È utilissimo soprattutto nei paesi dove si producono frequenti e sistematici black-out.

Tecnologia costruttiva  

Fondamentalmente è un apparecchio costituito da almeno tre parti principali: un primo convertitore alternata/continua (convertitore AC) che, grazie a un raddrizzatore e a un filtro, converte la tensione alternata della rete elettrica in tensione continua; una batteria o più batterie di accumulatori in cui viene immagazzinata l’energia fornita dal primo convertitore; un secondo convertitore continua/alternata (convertitore CA) che prelevando energia dal raddrizzatore o dalle batterie in caso di mancanza di rete elettrica, fornisce corrente al carico collegato.

Esistono gruppi di continuità di varie potenze, a partire dai piccoli apparecchi per uso casalingo (300/400 watt), tipicamente usati per alimentare personal computer, fino ad apparecchiature industriali da varie centinaia di kilowatt. Sono in produzione regolare anche UPS alimentati a media tensione, in container autonomi contenenti anche le batterie, per potenze di alcune decine di megawatt, in grado di sostenere fabbriche intere fino all’avviamento di un gruppo elettrogeno diesel.

Un gruppo di continuità semplice (tralasciando la parte raddrizzatore e batterie), consiste in un inverter in cui un oscillatore a onda quadra genera il segnale che poi amplificato da una batteria di transistor alimentati dalla tensione continua rende la potenza necessaria attraverso un trasformatore per il necessario innalzamento in tensione. Gruppi di continuità avanzati hanno cominciato a usare componentistica più moderna, come gli IGBT, i MOSFET, o altri ancora, al fine di ottenere un’efficienza superiore.

Salendo ulteriormente nella scala della complessità, vengono usati vari sistemi per ottenere una forma d’onda in uscita che sia più simile all’onda sinusoidale che viene distribuita dalle compagnie di elettricità. Ciò avviene a livello dell’oscillatore o del circuito deitransistor. Vengono usati condensatori e induttori per filtrare il flusso di corrente da e verso il transistor in modo da renderlo più “morbido”.

È anche possibile produrre un’onda più sinusoidale usando un’alimentazione duale: positivo, negativo, e massa. Un circuito logico s’incarica di attivare i transistor in modo che si alternino nella commutazione nel modo giusto.

Tutti i gruppi di continuità che non generano un’onda perfettamente sinusoidale fanno sì che certi carichi, come i motori elettrici (ventilatori, per esempio), operino in maniera meno efficiente.

Gruppi di continuità ancora più sofisticati usano la tecnica detta modulazione di larghezza di impulso (in inglese Pulse Width Modulation o PWM) con una portante ad alta frequenza: ciò permette di approssimare più da vicino una funzione sinusoidale. Negli UPS di qualità, l’onda sinusoidale in uscita può essere addirittura migliore di quella fornita in ingresso.

 

Alimentazione

L’alimentazione del gruppo di continuità è data da una o più batterie, normalmente al piombo. Per gruppi di continuità piccoli si usa una tensione di 12 volt, mentre con il crescere della potenza del gruppo di continuità il fabbricante richiede che si usino tensioni sempre maggiori, spesso multiple di 12. Si può arrivare e superare anche a serie di 20 batterie, equivalenti ad una tensione di 240 e più volt. Il numero di batterie quindi aumenta all’aumentare della potenza richiesta in uscita e al tempo per cui dovrà erogarla. Per avere autonomie più lunghe bisogna disporre di più serie di batterie in parallelo, in maniera da aumentare la capacità di immagazzinamento di energia.

Le batterie che si usano con i gruppi di continuità sono le cosiddette batterie a ciclo profondo, che, a differenza delle batterie al piombo comuni, sopportano molti cicli di scarica profondi.

All’installazione di un gruppo di continuità bisogna quindi corredarlo del numero di batterie adeguato per coprire la necessità di potenza e tempo. Bisogna inoltre assicurarsi che i periodi in cui le batterie si ricaricano siano sufficientemente lunghi da permettere loro di reimmagazzinare l’energia necessaria. Da considerare attentamente la temperatura di stoccaggio, in quanto le batterie, devono restare a temperature inferiori ai 25 gradi, pena il decadimento della aspettativa di vita.

 

Carica delle batterie

Molti gruppi di continuità sono corredati dal circuito che carica le batterie. Tale circuito fornisce alle batterie una tensione sui 13,6 volt per monoblocco (monoblocco = batteria) con un amperaggio che dev’essere limitato al 10-20% della capacità della batteria montata; per esempio, montando una serie di batterie da 150 Ah (Ampere ora) dovremmo ricaricarla con un amperaggio compreso tra 15 e 30 A, se invece avessimo due serie in parallelo dovremmo ricaricarle con una corrente compresa tra 30 e 60 A. I circuiti di ricarica sono progettati in modo tale da ridurre la corrente a valori di mantenimento quando rilevano che la batteria è carica.

In alcuni modelli di UPS la carica avviene in modo ancor più intelligente, regolando la tensione in base alla temperatura delle batterie, oppure sottoponendo le batterie a continui cicli di carica e di rilassamento. Tutto questo al fine di migliorare il rendimento e la durata degli accumulatori.

 

Funzionamento

Esistono due principali categorie di UPS: gli on-line e gli off-line.

I gruppi di continuità on-line presentano il vantaggio di eliminare i disturbi indotti dalla rete tramite la doppia conversione. Questa tipologia presenta come unico svantaggio un consumo maggiore rispetto le altre tipologie. Il raddrizzatore e l’inverter sono quindi sempre attivi, questo causa inevitabilmente una maggiore dispersione. In caso di black out l’inverter preleva energia dalle batterie, che, in base al progetto, possono essere poste direttamente sulla continua oppure, questo nelle macchine di taglia media, interposti SCR di commutazione. Avendo la doppia conversione tensione e frequenza sono sempre stabili. Parte integrante degli UPS è il bypass, quello statico, anche detto automatico e quello manuale. Il primo completamente gestito dalla macchina, commuta il carico tra inverter e rete senza buco di tensione, solitamente eseguito tramite SCR, diventa importante in caso di anomalia sia dell’UPS che a valle, cioè del carico es sovraccarico e/o cortocircuito. il bypass manuale è appunto gestito da un operatore, utile in caso di guasto con possibile spegnimento del carico e di manutenzione, in questo modo si esclude completamente la macchina garantendo il funzionamento del carico da rete. In questa modalità il carico non è in alcun modo protetto. Questo tipo di gruppi di continuità è il migliore e spesso è anche il più costoso. Gli UPS in grado di erogare potenze superiori a 2, 3 KVA sono quasi tutti di questo tipo. Esistono 2 sottoprodotti che in base alla potenza e filosofia utilizzano o meno il trasformatore in uscita.

I gruppi di continuità off-line hanno un comportamento lievemente diverso in quanto iniziano a sintetizzare l’onda solo qualche millisecondo dopo il black-out, creando quindi un piccolo “buco”, della durata di pochi millisecondi, di tensione in uscita durante il quale il carico non viene alimentato. Per ovviare a questo problema vengono utilizzati dei condensatori in uscita, non sempre però sufficienti a mantenere l’alimentazione del carico. Questo tipo di UPS è più economico, più facile da costruire, spesso impiegato per alimentare singoli computer o comunque utenze non troppo delicate, come ulteriore vantaggio, tenendo l’inverter spento si ha anche un consistente risparmio energetico. Spesso gli UPS di piccola taglia sono di questo tipo.

All’interno degli UPS per generare la corrente alternata vengono usati gli inverter che prelevano l’energia dalle batterie. Spesso generano un’onda sinusoidale modificata, simile a quella originale ma a gradini, in maniera simile alla Pulse-amplitude modulation, che ha la stessa area della sinusoidale pura e quindi la stessa energia. Dopo l’inverter il segnale viene passato a dei filtri che gli smussano gli angoli facendola assomigliare maggiormente a una sinusoide. In genere gli UPS hanno due tipi di prese. Un gruppo collegato alle batterie (e all’inverter) e un gruppo di prese collegate solo ai filtri, in caso di mancanza di corrente quest’ultimo gruppo smette di erogare corrente.